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FOTO PROVE5 - IL fischio della sposa.jpg

ESTRATTO DAL TESTO

 

Ce n’é di gente brava ‘nda sto monno.

Io pure so brava ma nun ve pozzo dí de trasí pecché nun é casa mia ma é… nu teatro! Sí m’ha prestato pure questo, pé poco lo so.

Dice, quella là, che qua pozzo vive pure se nunge sto più. Me par ‘na magia!
Ma voi lo sapevate che
il sole é uno?

Pecché credevo ch’era fatto da tanti pertusi, piccirilli, uno appresso all’altro, comme ‘e creature quanno marciano, come ‘e piante de pummarole inda l’uorto, comme ‘e buchi da persiana.

É stata sempre chiusa pé trant’anni, a finestra.

Su poc o assaje trent’anni?
 

IL FISCHIO DELLA SPOSA

 

Sguardo tanto innocente in un corpo troppo adulto.

Sbalordimento per i dintorni, incapacità di camminare. Una sedia a rotelle per i suoi muscoli e la sua anima. Alcuna conoscenza dei primi passi della vita.
Una storia vera, quella di una donna con handicap psichico che, dopo la morte dei genitori, ha vissuto rinchiusa per trent’anni in casa con il fratello.
La liberazione nel 2015 a causa del malore di quest’ultimo. Sentinella dell’accaduto il piatto di pasta  davanti la porta non recuperato e divenuto leccornia per i gatti.
La chiamata dei concittadini, l’intervento dei soccorsi, lo stupore negli occhi della donna.
Le sue condizioni fisiche e mentali si riassumono in un’esclamazione storica avvenuta durante il suo trasporto in ospedale mentre guardava fuori dal finestrino: ‘Non ho mai visto gli alberi camminare’.

 

Cantone drammaturgico

La scelta ripetitiva di parole, espressioni e gesti ha l’intento di creare la circolarità spezzata della malattia. L’accento dialettale dà cadenza alle origini della storia, alla semplicità del contesto e alla radicalità della prigionia.
L’overture poetica di trama contemporanea e la melodia antica dai toni ancestrali sono il preludio dell’altrnanza intima tra il personaggio e l’autrice, tra i suoni sconnessi e la chiarezza de senso, tra le mura domestiche e la scena teatrale.
Soglie varcate, qui e ora.

 

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