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PER UN PIETOSO BARO

 

“Per un pietoso baro” è un testo di indole tragica scritto in seguito al fortuito incontro con la poesia di Isabella Morra, scrittrice nata in terre lucane e uccisa in germogliata giovinezza dai fratelli dopo la dipartita del padre esiliato e la follia omicida della madre.
L’intreccio di versi antichi e moderni, la simbologia del carré magique e l’essenzialità oggettistica mettono in scena il grido inespresso di una donna che ha osato oltre-passare le recinte mura castellane per condividere la sua solitudine poetica e la necessità di un’esistenza autentica.
Sulla bilancia della Giustizia vi sono il coraggio di un tentativo e il ragionevole dubbio.
Alcuna certezza dunque se non quella che a batter sentenza è il Senso dell’Onore per il sospetto d’un tradimento, vellutato manto che copre la paura di una possibile affermazione d’un pensiero ri-Evoluzionario nello scorcio cinuecentesco delle terre del Sud.
Un Rinascimento contemporaneo, perpetuo di bisbigli e omissioni, in cui l’Innocenza trema nell’eternar dei versi e  scolpisce l’ombra un corpo mai ritrovato.


 

PARTITURA DEL TESTO

‘Anche il Silenzio rumoreggia nel raccogliere il mio destino, dissonante come l’alla di un gabbiano  gettata nella fuliggine’.

‘Mai morrà chi ha il meschino intento ma chi ignaro lo compie’.

‘La chiave é sempre ospite della serratura e i miei occhi mirano il paesaggio incorniciato dai battenti delle fiinestre’.

‘Si mescolano le età: una bimba dalle ginocchia ancor vergini di cadute é marchiata già da una ruga sdentata’.

‘Ci si aggrappa alla speranza come il sacrificio alla preghiera’.


‘Luna, torcia accesa dall’audacia di infinite lucciole. Luce e ombra dell’intermittenza giocosa del volo. Oh Luna, oh me!’

‘Sconveniente é lasciare muti poemi dall’odore di mammole e mortella e i balzi d’un cuore che scende alle ginocchia come un inchino su un bouquet’.

‘Poeti, umili alchimisti di questa mistura di guarigione. Il Silenzio prende Voce.

Si spalanchino le porte al Rinascimento!’

‘Che pretesa é che il cuor c’appartiene?’

‘Il mandorlo fiorito non tradisce la primavera’.

'Son vergine di seno ma giammai di sapere’.

‘La condivisione della poesia é un atto di pace in questa valle di guerre’.


 

 "MAI MORRÁ IL MESCHINO INTENTO,

  MA CHI IGNARO LO COMPIE"




 

 "LA CONDIVISIONE DELLA POESIA

  É UN ATTO DI PACE

  IN QUESTA VALLE DI GUERRA"




 

"QUI NON PROVO IO

  DI DONNA IL PROPRIO STATO

  PER TE, CHE POSTA M'HAI

  IN SÌ RIA SORTE

  CHE DOLE VITA MI SARIA LA MORTE"

                                            Isabella Morra

  ​



 

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Testo: drammaturgia poetica

Personaggi: Castellana, il Silenzio, il Sole

Durata: 1h15

Spazio scenico: variabile

Oggetti di scena: carte da gioco, uccelli origami   e canne di bambú sospesi al soffitto





 

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ESTRATTI DAL TESTO

Ardi e incanti o fuoco sacro della conoscenza,
e vano non è l’artiglioso becco nel fegato blu del rischio.
Oh Prometeo le catene ti serrano alla solitudine della roccia
e la stessa immobilizza la scoperta all’incomprensione.
Triste ignoranza t’incoroni di editti e sentenze!
Arroganza, archivi l’entusiasmo della scoperta
nel freddo angolo del rifiuto.
Il buio… (si guarda intorno e vede l’oscurità estendersi) E’ buio!
No… spenta non è ancor la fiamma divina:
nelle membra delle mortali fronti
si scolpiscono le intuizioni,
sgorgano fiotti di rivoluzioni e conquiste
e come caravelle dai confini ondeggianti
oltrepassano l’evidenza per rivelare della forma
l’intimità del coraggio!
Oh Prometeo, padre e figlio
hai lacerato la tua paura per la fede in noi umani
concimando di arti e tecniche le previsioni dei nostri tragitti.
Beviamo da una coppa ricca
e a te, grati, eleviamo l’omaggiar.
(gesto del brindare )
A Prometeo!
(a parte) V’é in me qualcosa di più forte di me-medesima!
Quale teatro sorge dalla complicità dell’unione, dal corpo degli intenti !!!



 

Volo in origami - ricerca scenografica - Mes carnets

Gli occhi di Prometeo - disegno di ricerca - Mes carnets


(Entra il Sole)
I passi si muovono all’ombra dei suoi.
L’ombra prevede corpi ma non v’é alcuna materia, se non quella cesellata dal pensiero. Il cammino lungo il fiume immagina il fluir delle parole, dell’ascolto, del riflesso.
Si riflettono i ricci muti del discorrere. Si fessura al respiro il permesso al cuor.
Strano é dar il permesso a qualcosa che batte solitario, costante, incondizionato.

Che pretesa é che il cuor c’appartiene?

Suona l’acqua tra le pietre il continuo di-venire.

Quel che passa nell’impressione sembra restare, eppur scorre…

é scorso.

 


(...)

Che sia la desolazione del paesaggio a rendere il gesto orfano di gentilezza?
Questi campi impietrati di brulli capovolgimenti rimontano echi muti e polverosi.
E si creano muri dalle distanze ravvicinate. All’alba come al tramonto lo sputo invecchiato dalla fatica, china sempre lo stesso capo. Si sforza nella buca la ruota del carro e
i buoi incornano l’aria stridendo pietà.
Alla fonte il canto rauco delle giovine fanciulle propaga unioni di focolari.
Si mescolano le età: una bimba dalle ginocchia ancor vergini di cadute é marchiata già da una ruga sdentata.

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